Storia Roma

« Older   Newer »
  Share  
~x.Max
view post Posted on 9/3/2010, 23:06




Storia Roma

L'Associazione Sportiva Roma, abbreviata in A.S. Roma o più semplicemente Roma, è una società calcistica di Roma. Tra le principali squadre italiane, fu fondata il 22 luglio 1927, e milita in Serie A. Insieme a Juventus e Lazio, è una delle tre società italiane di calcio quotate in borsa.[2]

In 82 anni di storia ha sempre partecipato, tranne che in una sola occasione (nel 1951-52), ai campionati di Serie A, vincendo 3 scudetti, 9 Coppe Italia (primato di vittorie nella competizione, condiviso con la Juventus) e 2 Supercoppe italiane. Ha terminato il campionato per dieci volte al secondo posto e cinque volte al terzo. In 80 stagioni sportive, è arrivata sul podio nel 22,5% delle occasioni.

Il simbolo della squadra è la Lupa capitolina, emblema della città di Roma; la divisa, che prende i colori dal gonfalone cittadino, è rosso scura tendente al porpora (rosso pompeiano) bordata di giallo-arancio (giallo oro).[3]

Le principali rivali nazionali della Roma sono la Lazio, con la quale si contende il primato cittadino nei Derby della Capitale, e la Juventus, squadra contro la quale l'undici capitolino rivaleggiava negli anni ottanta per la conquista del titolo.[4][5] A livello internazionale la rivalità più accesa è certamente legata alla squadra inglese del Liverpool, che nel 1984 batté ai rigori la Roma nella finale della Coppa dei Campioni proprio in casa dei giallorossi, allo Stadio Olimpico.[6]

Stando ad alcuni sondaggi sul numero di tifosi per squadra l'AS Roma si collocherebbe tra il quarto e il quinto posto tra le società italiane. Viene posizionata dietro Juventus, Milan ed Inter (questi due in contesa per la piazza d'onore), ed in competizione con il Napoli per il quarto posto.[7][8]

Nell'ultima classifica mondiale per club IFFHS di tutti i tempi (All-Time Club World Ranking), aggiornata al dicembre 2008, la Roma occupa il quattordicesimo posto, preceduta in Italia solamente da Juventus, Milan, Inter.[9], mentre la classifica mondiale per club IFFHS relativa al periodo gennaio-dicembre 2009 (Club World Ranking) pone la Roma all'undicesimo posto nel mondo, prima assoluta tra le squadre italiane.[10]

Secondo la rivista americana Forbes, in uno speciale reportage del 2008, il valore del club capitolino ammonta a 434 milioni di dollari, classificando la Roma undicesima nella graduatoria mondiale delle società più valutate e terza tra quelle italiane, dopo Milan e Juventus.[11] Nel 2009, dal rapporto annuale pubblicato da Deloitte, risulta essere la nona società di calcio più ricca in Europa, con un fatturato di 175 milioni di euro, posizionandosi davanti alle italiane Inter (173 milioni) e Juventus (168 milioni), ma dietro al Milan (210 milioni).[12]

L'AS Roma è anche uno dei membri dell'ECA – Associazione dei Club Europei, organizzazione internazionale che ha preso il posto del soppresso G-14, e composta dai principali club calcistici riuniti in consorzio al fine di ottenere una tutela comune dei diritti sportivi, legali e televisivi di fronte alla FIFA.

Sostanzialmente nella storia della Associazione Sportiva Roma possono essere riconosciuti tre grandi periodi, coincidenti con i tre titoli nazionali conquistati, nei quali la squadra visse una serie di annate positive. Gli anni che partono dalla sua nascita fino all'inizio della Seconda Guerra Mondiale, furono l'epoca degli entusiasmi iniziali, quelli del Testaccio. Al termine di un decennio in cui la squadra esprimeva un bel gioco, ottenuto grazie alle prestazioni di giocatori realmente attaccati alla maglia, il club coronò il sogno di vincere il suo primo scudetto.[13] Dopo la parentesi degli anni sessanta, in cui la squadra ottenne l'unica vittoria europea della sua storia con la Coppa delle Fiere e le sue 2 prime Coppe Italia, un secondo periodo d'oro si può facilmente riconoscere negli anni della gestione Viola, quelli successivi alla prima grande crisi del calcio moderno, in cui la squadra giallorossa sotto la guida di Nils Liedholm, oltre a vincere il secondo titolo della propria storia, quasi riuscì nell'impresa storica di vincere la Coppa dei Campioni, arrendendosi solo in finale ai calci di rigore. Una terza epoca infine va ricondotta ai primi anni duemila, quando grazie agli sforzi economici del presidente Franco Sensi con allenatore Capello, figura discordante e poco amata dai tifosi romanisti,[14] la Roma arrivò a conquistare il suo terzo titolo nazionale e successivamente svolse una serie di annate di buon livello.[15]

Agli inizi del XX secolo, periodo in cui la popolarità del gioco del calcio era sempre più crescente in tutta la penisola italiana, nella città di Roma la pratica di questo sport era svolta da un gran numero di piccoli club, ognuno con le sue particolarità e differenze: in tale contesto le formazioni erano costituite da semplici squadre di quartiere oppure da rappresentative calcistiche di classi sociali ben definite.[16][17] Negli anni venti, a Roma, giocavano ben otto società nella prima divisione regionale: S.S. Alba, C.R. Juventus Audax, S.G.S. Fortitudo, S.P. Lazio, S.S. Pro Roma, U.S. Romana, Roman F.C. e C.S. Audace.[18]

La squadra capitolina venne costituita grazie alla fusione di tre delle società calcistiche di Roma: l'Alba Audace, il Roman e la Fortitudo Pro Roma.[19] Tale decisione venne presa per volere dell'allora segretario della federazione romana del Partito Nazionale Fascista, Italo Foschi, all'epoca anche membro del CONI e Presidente della Fortitudo Pro Roma. La data di nascita della A.S. Roma è stata a lungo discussa: ufficialmente viene infatti indicato il 22 luglio 1927, data del primo ordine del giorno; in realtà sembra che l'accordo per la fusione sia stato raggiunto il 7 giugno dello stesso anno, come annunciato il giorno successivo dai quotidiani romani Il Tevere, La Tribuna e Il Messaggero.[20][21]

Foschi diede corpo all'idea di avere una squadra sportiva che portasse il nome della città di Roma e che potesse ambire ai massimi risultati; così come era accaduto in altre città del centro-nord (Firenze) e del sud (Napoli e Bari), si intendeva dare vita, attraverso la fusione, a compagini di maggiori dimensioni in grado di reggere l'urto del calcio professionistico, già ampiamente praticato dalle formazioni del nord dell'Italia, fino a quel momento dominatrici assolute della scena calcistica nazionale. Della fusione avrebbe dovuto far parte anche la Società Sportiva Lazio, ma la stessa rimase fuori dall'accordo per l'intervento di un generale della Milizia fascista, il piemontese Giorgio Vaccaro, appartenente al club biancoceleste e Presidente della FIGC dal 1933 al 1942.[22]
Ferraris IV e Bernardini, pionieri del calcio romano

Il primo presidente della neo costituita società divenne lo stesso Foschi, il suo incarico durò un solo anno poiché si dimese quando venne nominato membro del direttorio federale della Spezia; la presidenza passò al banchiere (ed ex dirigente del Roman) Renato Sacerdoti.[23] La sede della Roma venne posta nel rione di Campo Marzio, in via Uffici del Vicario n° 35, nei vecchi uffici del Roman Football Club.[23] Nei primi due anni di vita, la Roma giocò provvisoriamente al Motovelodromo Appio, in attesa della costruzione del proprio stadio, dove si trasferì e giocò fino alla fine degli anni trenta: il Campo Testaccio.[24] [25]

I colori, il simbolo e la sociologia

I colori scelti per la nuova compagine nata dalla fusione furono il giallo oro e il rosso porpora, gli stessi della società Roman ma anche quelli del gonfalone del Campidoglio: il giallo oro ed il rosso porpora o pompeiano, ereditati dagli antichi vessilli dell'Impero Romano. Come simbolo fu invece scelta la lupa che allatta Romolo, il mitico fondatore di Roma, e suo fratello Remo. L'emblema della squadra, uno scudo bipartito rosso-oro sormontato dalla lupa capitolina, comprende tutti questi elementi.[26] Il fatto di rappresentare nei colori e nel simbolo la città e la tradizione di Roma, oltre ad essere l'associazione di tre dei quattro club romani di quei tempi, fece sì che la squadra richiamasse immediatamente a sé le simpatie della grande maggioranza dei cittadini appartenenti sia ai nuovi quartieri che ai rioni nel cuore della città.[27]
Gli anni trenta e quaranta

La Roma conquistò il primo trofeo nella stagione 1927/28, la stessa della propria fondazione, vincendo la Coppa CONI.
La Roma "testaccina"
Campo Testaccio

A partire dal 1930, la Roma poté trasferirsi nel nuovo stadio, il Campo Testaccio dell'omonimo quartiere popolare.[23] A quel periodo è legata una delle più significative pagine della storia romanista: il pubblico assisteva agli incontri da tribune in legno dipinte di giallo-rosso spingendo la squadra con il proprio tifo (non sempre attento ai canoni della sportività), rendendo “Campo Testaccio” uno dei terreni tra i più temuti fra gli avversari dell'epoca.[28].[29] La squadra di quegli anni è passata alla storia romanista come esempio di carattere forte ed impavido analogamente ai protagonisti di quel periodo: il capitano Attilio Ferraris IV, il portiere Guido Masetti, il mediano Fulvio Bernardini ed il centravanti fiumano Rodolfo Volk, che segnò ben 103 gol con la maglia giallorossa.[30][31][32][33][34]
Sciabbolone Volk in azione

Il periodo che va 1933 al 1936 racchiude alcuni degli episodi più significativi del decennio romanista: partendo dalle cessioni del cannoniere Volk (1933) e del capitano Ferraris IV (1934) che scatenarono le reazioni della tifoseria, il secondo in particolare accasandosi alla Lazio e divenendone il capitano venne tacciato di tradimento.[35][36][31]

A fronte delle cessioni giunsero tre giocatori argentini detti in seguito “i tre moschettieri”: "Enrico Guaita detto Il corsaro nero" , Alessandro Scopelli e Andrea Stagnaro.[37] La Roma disputò due stagioni discrete (4° e 5° posto) guidata da Guaita che nel 1934-1935 mise a segno 29 reti stabilendo un primato tutt'ora inviolato per i tornei a 16 squadre.[38] Nell'estate del 1935 la società ingaggiò i due esperti difensori della nazionale: Eraldo Monzeglio e Luigi Allemandi, di li a poco accadde però un episodio controverso: i tre oriundi fuggirono dall'Italia dopo essere stati avvisati (verosimilmente minacciati) di un loro probabile invio al fronte per la guerra d'Etiopia ed il presidente Renato Sacerdoti venne costretto all'esilio dopo essere stato accusato di esportazione illecita di valuta, pagando così le prime avvisaglie delle discriminazioni razziali verso gli ebrei nell'Italia fascista.[39][40][41][42][43] Nonostante questi episodi la squadra si classificherà seconda ad un solo punto dal Bologna campione d'Italia.


Il primo scudetto e l'immediato declino
La Roma del primo scudetto

Dopo un decennio di piazzamenti altalenanti nella stagione 1941/42 la Roma conquistò il suo primo scudetto: il 14 giugno 1942 grazie alla vittoria per 2-0 contro il Modena i giocatori poterno festeggiare Alla Bersagliera nell'allora Stadio Nazionale del PNF quel successo in precedenza solo sfiorato.[44][45]

Il titolo romanista del 41-42 segnò il pasasggio tra il dominio di Bologna ed Ambrosiana e quello del Grande Torino e fu il frutto tra gli altri dell'allenatore Alfred Schaffer, precursore del "metodo" e del giovane centravanti Amedeo Amadei, detto "Il fornaretto", autore di 18 reti.[46][47] Particolare rilievo assume questo titolo poiché fu il primo assegnato ad una squadra della ex Lega sud.[48]

Nell'anno successivo alla vittoria dello scudetto, il presidente Edgardo Bazzini confermò in blocco la squadra campione d'Italia non tenendo conto dell'età media della ristretta rosa giallorossa, notevolmente alta soprattutto per i parametri dell'epoca.[49] Se da un lato questa fu la causa principale del declino della squadra scudettata, bisogna tuttavia sottolineare che cominciava ad affermarsi nella realtà del calcio italiano la squadra che avrebbe dominato il campionato nei travagliati anni quaranta: il Grande Torino.[50]

Durante la guerra il campionato nazionale venne sospeso per tre anni, in questo periodo furono disputati solo dei campionati regionali o locali; nella capitale vennero organizzate due edizioni del Campionato romano di guerra, la Roma e la Lazio se ne aggiudicarono uno per parte.[51]

Terminato il conflitto e ripresi i campionati la Roma disputò quelle he ancora oggi sono le 5 peggiori stagioni della sua storia. retrocedendo poi nel '50-'51.[52]
Gli anni cinquanta
La retrocessione in Serie B e l'immediato ritorno

Gli anni '40 si conclusero con la Roma salva all'ultima giornata ed al centro di polemiche per favori arbitrali ricevuti nella penultima partita della stagione: un Roma-Novara terminato 2-1 che permise ai giallorossi di salvarsi.[53] La retrocessione venne però solo rimandata di un anno, nella stagione 1950/51 la Roma perse 11 partite per 1-0 e cambiò numerosi allenatori retrocedendo il 17 giugno del 1951, esattamente cinquant'anni prima della conquista, anch'essa all'ultima giornata, del terzo scudetto giallorosso, la Roma, per la prima ed unica volta nella propria storia, scese in Serie B.[49]

La discesa nella serie cadetta scosse l'ambiente e spinse il vecchio presidente Renato Sacerdoti a riprendere la guida della società riuscendo a farla risalire subito nella massima serie nonostante nlla stagione 1951-52 avrebbe conquistato la promozione solo la prima squadra classificata.[54][55]Il 22 giugno del 1952, a dieci anni esatti dalla conquista dello scudetto, i giallorossi festeggiarono il ritorno in Serie A.[49][56]

Negli anni successivi alla promozione, la squadra venne arricchita di nuovi e prestigiosi acquisti. La panchina venne affidata prima a Mario Varglien, poi all'inglese Jesse Carver, il quale riuscì nelle prime giornate di campionato a creare un buon sistema di gioco che consentì alla squadra di disputare ottime partite. Tuttavia, gli iniziali sforzi profusi vennero vanificati nel corso del campionato da una serie di infortuni che fecero scivolare la Roma al sesto posto in classifica.
Dino Da Costa in allenamento

Il 17 maggio 1953, la Roma si trasferì dallo Stadio Nazionale (ribattezzato "Stadio Torino" per onorare la squadra del Grande Torino caduta a Superga) nel nuovo Stadio Olimpico. A sorpresa, nell'estate dello stesso anno venne messo a segno un grandissimo colpo di mercato: la Roma ingaggiò dal Peñarol il ventisettenne campione uruguagio Alcides Ghiggia, ala di gran classe, autore in particolare del gol vittoria nella finale tra il Brasile e l'Uruguay nei Mondiali del 1950.

Negli anni successivi, la Roma alternò buone stagioni (come il terzo posto nel 1954/55) ad altre disastrose, e nel 1956/57 sfiorò nuovamente la retrocessione. Protagonisti della seconda metà degli anni cinquanta furono Alcides Ghiggia e il brasiliano Dino Da Costa, formidabile attaccante che con la Roma vinse la classifica marcatori del 1957 con 22 reti. Da Costa divenne l'idolo dei tifosi romanisti poiché disputava eccellenti derby, nei quali segnava puntualmente. In quegli anni, un altro pilastro della squadra fu Giacomo Losi, difensore-mediano leader del reparto arretrato e fulcro del gioco romanista. In particolare Losi è stato il giocatore con più presenze in assoluto con la maglia della Roma (386) fino al febbraio 2008, quando è stato superato da Francesco Totti. L'attaccamento ai colori ed il suo carattere straordinario, da capitano vero, valsero a Losi il soprannome di "Core de Roma".
Gli anni sessanta
La Coppa delle Fiere

Nel 1960-61 i giallorossi riuscirono a raggiungere una dimensione europea, grazie alla vittoria della Coppa delle Fiere.[57]

La Roma di Giacomo Losi conquistò la coppa vincendo la doppia finale contro il Birmingham City: dopo aver pareggiato 2-2 in trasferta, i giallorossi si imposero per 2-0 all'Olimpico. Nella storia di questa competizione nessun'altra formazione italiana riuscirà ad aggiudicarsi il trofeo, che poi sarebbe stato sostituito dalla Coppa UEFA nel 1971.[58] Nelle file della dirigenza romanista che vinse il trofeo, figurava come vice-presidente Franco Sensi, che esattamente 40 anni dopo vincerà da presidente il terzo scudetto della storia giallorossa.[59]
Giacomo Losi con la Coppa delle Fiere

Durante gli anni sessanta, la Roma disponeva di una formazione con diversi fuoriclasse, tra i quali si distinse l'attaccante argentino Pedro Manfredini, eccellente "rapinatore" dell'area di rigore, che fu uno dei cannonieri più prolifici della storia giallorossa. In particolare, Manfredini fu capocannoniere del campionato 1963 a pari merito con Harald Nielsen del Bologna. Un altro ottimo giocatore di quel periodo fu la mezz'ala Francisco Ramon Lojacono, giocatore ambidestro dotato di uno straordinario tiro da fuori area, che gli consentiva di battere precisi e potenti calci di punizione. Infine nella Roma giocava anche il forte cannoniere oriundo Antonio Valentin Angelillo. Altri protagonisti importanti dell'epoca furono sicuramente lo svedese Arne Selmosson e l'uruguagio Juan Alberto Schiaffino. Nonostante la stagione deludente, conclusasi con un dodicesimo posto in classifica, la squadra giallorossa nel 1963-64, conquistò la sua prima Coppa Italia, dopo aver battuto nella finale il Torino. La Roma di quegli anni nonostante sulla carta fosse molto competitiva non riuscì mai a superare il quinto posto in classifica, per questo la stampa dell'epoca accusò i giocatori di essere attratti dalla dolce vita e di condurre stile di vita poco professionale.[60]

La decade si chiuse con la semifinale della Coppa delle Coppe 1969-70, dove la Roma pareggiò per 1-1 in casa e per 2-2 in trasferta contro il Górnik Zabrze. All'epoca non era prevista né la regola dei gol fuori casa, né quella dei tiri di rigore. Lo spareggio, che si disputò a Strasburgo il 22 aprile 1970 e iniziò con oltre mezz'ora di ritardo per problemi all'impianto di illuminazione dello stadio, finì ancora in parità: 1-1 dopo i tempi supplementari (Lubański e Capello su rigore); il lancio della monetina si svolse in campo e favorì i polacchi.[61]
La crisi finanziaria
La formazione vincitrice della seconda Coppa Italia

Nel 1964 la Roma si trovò sull'orlo del fallimento in quanto il deficit era talmente rilevante che la società era impossibilitata a pagare gli stipendi dei propri giocatori, i quali minacciavano lo sciopero. Il giorno di capodanno del 1965, al Teatro Sistina, spinti dalle polemiche dell'allora allenatore della Roma Juan Carlos Lorenzo, i tifosi organizzarono addirittura una colletta per reperire i fondi per la trasferta di campionato che avrebbe avuto luogo qualche giorno più tardi.[62]

Dopo l'inevitabile cessione di alcuni giocatori rappresentativi, tra cui Giancarlo De Sisti detto "Picchio", nel 1967 il presidente Franco Evangelisti, completando il piano di risanamento delle casse societarie, trasformò la Roma in una società per azioni.[61] Verso la fine degli anni sessanta, la squadra venne affidata ad Helenio Herrera, tecnico vincente che aveva portato l'Inter alla conquista di due Coppe Intercontinentali. Nonostante l'arrivo del nuovo allenatore, i risultati sul campo non migliorarono; la Roma concluse il campionato solamente ottava, ma vinse comunque la sua seconda Coppa Italia nel giugno del 1969.
Gli anni settanta
Gli anni della "Rometta"
Pierino Prati e Giancarlo De Sisti con la maglia della Roma negli anni settanta
Francesco Rocca, detto Kawasaki, sfortunato campione giallorosso

Gli anni settanta furono uno dei decenni meno gloriosi per la storia romanista, ma comunque i più densi di sentimenti per la tifoseria, a quei tempi molto calda. La mitica bandiera Giacomo Losi si vide riconsegnare il cartellino dalla società dopo diverse incomprensioni con Herrera, si ritirò senza prendere in considerazione altre porposte così da chiudere la carriera avendo giocato solo nella Roma, vennero inoltre ceduti alla Juventus, nell'ultimo anno della presidenza di Marchini, i tre "gioielli" (Spinosi, Capello e Landini).[61] Questi evidenti segnali di ridimensionamento aprirono la strada a quella che ancora oggi viene ricordata come la "Rometta" di Gaetano Anzalone: una squadra fatta di gregari, giovani promesse e soprattutto vecchie glorie, giocatori che avevano già dato il meglio di sè in altre piazze, come Pierino Prati, Luis del Sol, Amarildo.[63] Rimarcabile in tale contesto fu il ritorno di Picchio De Sisti. La Roma, nel corso di questo decennio, oscillò costantemente in posizioni di media classifica, ad esclusione del 1975, quando conquistò il terzo posto. Nella seconda metà degli anni settanta, la panchina giallorossa fu guidata da Nils Liedholm, il "barone" svedese, il quale realizzò il sogno dello scudetto solo negli anni ottanta con l'arrivo di Dino Viola. Il momento peggiore di quegli anni si concretizzò nella stagione 1978/79, quando la Roma ebbe la certezza di rimanere in Serie A solo alla penultima giornata: il 6 maggio 1979, grazie ad un pareggio in casa con l'Atalanta per 2-2. La squadra comunque precedette solamente quattro squadre. Nella stagione successiva, la Roma venne rilevata da Dino Viola, che trasformò completamente la squadra cogliendo i frutti tecnici ed organizzativi che Anzalone aveva seminato.
Nascita del tifo organizzato e del CUCS
Una delle prime immagini del CUCS

Durante questi anni di crescente passione per i colori, all'interno dello Stadio Olimpico nella Curva Sud, la zona più calda del tifo romanista (che fu acquisita esclusivamente dai giallorossi l'11 marzo 1973 dopo l'allontanamento di una minoranza di tifosi della Lazio che si erano appostati in quel settore durante i derby), cominciarono a formarsi dei gruppi organizzati di giovani, i quali, dal 1977, confluirono in un unico gruppo: il Commando Ultrà Curva Sud.[64] La stessa società, nella persona del presidente Gaetano Anzalone, chiese ed ottenne dai personaggi carismatici del tifo giallorosso di unirsi per cercare di risolvere il crescente problema della violenza.[65] L'idea era quella di convogliare le energie dei tifosi, perlopiù impiegate fino ad allora in manifestazioni aggressive, in un sostegno fattivo e unanime per la squadra, associato ad un rifiuto esplicito della violenza. La strategia che portò al modello di tifoseria organizzata si rivelò efficace, a tal punto da essere presa d'esempio dalle altre curve italiane, e diede il via ad un decennio di grande passione sportiva, nel quale finalmente la Curva Sud si trovò unita nell'obiettivo unico di sostenera la squadra, tanto da essere premiata internazionalmente con il "Fair Play Trophy" nel 1986.[66]
Gli anni ottanta
Il secondo scudetto
La Roma del secondo scudetto
Bruno Conti

La crescita societaria portò, già nella stagione 1980/81, ad un secondo posto che non dava pienamente merito alla squadra per l'ottimo rendimento visto in campo. L'annata trascorsa fu comunque fautrice di un felice quadriennio che regalò al club molti riconoscimenti. La stagione fu decisa, in particolare, da un contestatissimo gol annullato al difensore Maurizio Turone nello scontro diretto con la capolista Juventus.[67] La decisione arbitrale divenne un simbolo della presunta dipendenza psicologica delle terne arbitrali.[68][69]

Nella stagione 1982/83, sotto la guida del presidente Dino Viola e dell'allenatore svedese Nils Liedholm, la Roma si aggiudicò il secondo scudetto della propria storia; fecero parte della rosa della prima squadra giocatori come il capitano Agostino Di Bartolomei, il centrocampista Carlo Ancelotti, il brasiliano Paulo Roberto Falcão, il difensore Pietro Vierchowod, il centravanti Roberto Pruzzo (secondo miglior cannoniere giallorosso di tutti i tempi con 106 gol, superato a fine 2004 da Francesco Totti) e l'ala Bruno Conti, già campione del mondo con la Nazionale italiana in Spagna nel 1982.
La finale della Coppa dei Campioni
Falcão in azione con la maglia giallorossa
Il rigore di Bruno Conti nella finale di Coppa dei Campioni 1983/1984
Nils Liedholm, Bruno Conti, Dino Viola e Paulo Roberto Falcão, in una foto prima del Mondiale 1982

Nel corso della stagione 1983/1984, la Roma raccolse i frutti del proprio gioco "a zona", giungendo il 30 maggio 1984 in finale di Coppa dei Campioni, che nell'occasione si disputava proprio allo Stadio Olimpico di Roma. Pur giocando una partita di ottimo livello, non riuscì ad imporsi sui "reds" del Liverpool e, dopo aver concluso i tempi regolamentari per 1-1 (gol del vantaggio di Phil Neal per il Liverpool al 15' e pareggio per i giallorossi di Pruzzo al 44'), perse la coppa ai calci di rigore, a causa degli errori dal dischetto di Bruno Conti e Ciccio Graziani.[70] L'amarezza della sconfitta, causata anche dal fatto che la finale si era svolta in casa, fece scaturire numerose polemiche, che si moltiplicarono nei giorni successivi, volte alla ricerca di scoprire le cause della mancata vittoria. Molte proteste furono indirizzate sul gol del vantaggio del Liverpool, nato successivamente ad un'azione in cui non fu ravvisato un probabile fallo di carica sul portiere giallorosso Tancredi, ostacolato in uscita dall'irlandese Ronnie Whelan, che gli fece perdere il pallone lasciando così la porta indifesa.[71] Inoltre, fu molto discussa la decisione di Falcão, all'epoca uno dei simboli della Roma di non voler battere uno dei rigori finali, il brasiliano non era comunque uno specialista degli 11 metri.[72][73][74] La Roma fu comunque protagonista di una straordinaria stagione, aggiudicandosi nello stesso anno la Coppa Italia.
La sconfitta con il Lecce

Dopo aver concluso comunque uno dei migliori periodi della propria storia con Liedholm, la Roma di Dino Viola affidò la panchina giallorossa ad un altro tecnico svedese, Sven-Göran Eriksson. Dopo una prima stagione deludente, conclusasi con il settimo posto in classifica e con l'amaro addio di Falcão, nella stagione 1985/86 la Roma sfiorò nuovamente il tricolore: dopo un'incredibile rimonta di 9 punti sulla capolista Juventus, battuta all'Olimpico con un sonoro 3-0, la penultima giornata di campionato riservò alla squadra giallorossa un turno teoricamente favorevole per il sorpasso in testa alla classifica: la Roma doveva infatti affrontare in casa il Lecce, squadra peraltro già retrocessa. Il gol dell'ex Alberto Di Chiara ed una doppietta di Juan Alberto Barbas condannarono invece la Roma ad un'inaspettata sconfitta per 2-3: la sconfitta, assieme a quella subita contro il Liverpool, fu identificata come una delle pagine più amare della storia del club capitolino. La conquista, nello stesso anno, della sua sesta Coppa Italia non bastò a consolare i tifosi, che avevano anche assistito al giro d'onore del presidente Viola e del sindaco di Roma Ugo Vetere prima della partita. Nelle due stagioni successive la Roma acquista, fra gli altri, gli attaccanti titolari degli anni successivi: il tedesco Rudi Völler e la promettente seconda punta Ruggiero Rizzitelli. Viola tentò di rilanciare la squadra anche acquistando il brasiliano Renato Portaluppi, ma questi, pur popolarissimo in patria, si rivelò ben presto inadatto al calcio europeo.
Gli anni novanta
La morte di Viola e gli anni bui della nuova Roma
Giuseppe Giannini agli esordi con la maglia della Roma

Dino Viola morì il 18 gennaio del 1991, dopo aver prelevato il forte difensore centrale Aldair, il quale sarebbe divenuto negli anni a venire il pilastro difensivo della squadra.[75] La scomparsa del presidente segnò l'inizio di un lungo periodo di caos per la Roma, che tuttavia aggiunse ai propri trofei, sotto la guida di Ottavio Bianchi, la settima Coppa Italia. La coppa fu conquistata contro la Sampdoria, che però prevalse per 1-0 nel successivo match di Supercoppa di Lega. Nella stagione, inoltre, la Roma disputò un entusiasmante cammino in Coppa UEFA, eliminando, nell'ordine, Benfica, Valencia, Bordeaux, Anderlecht, Brøndby. I giallorossi si presentarono alla finale della competizione contro l'Inter con all'attivo un ruolino di marcia invidiabile: 8 vittorie, 2 pareggi, 20 reti fatte e 5 subite, nonostante avessero incontrato diverse teste di serie.[76] Nel doppio confronto, dopo aver perso la partita di andata a San Siro per 2-0, la squadra giallorossa non riuscì a ribaltare il risultato all'Olimpico: davanti a 85.000 spettatori, vinse solo per 1-0 con una rete di Rizzitelli segnata negli ultimi minuti di gioco.[77] Forte fu la delusione dei tifosi che, dopo la sfortunata finale di Coppa dei Campioni disputata pochi anni prima, videro per la seconda volta una squadra avversaria alzare un trofeo internazionale nello Stadio Olimpico.[78]

Il nuovo presidente Giuseppe Ciarrapico era un sincero tifoso della squadra, ma difettava di competenza manageriale. Le sue controverse decisioni si tradussero nella stagione in una serie di risultati altalenanti.[79][80]

In Coppa delle Coppe, la Roma venne eliminata nei quarti di finale dal Monaco.

Al termine della stagione successiva, il tecnico Bianchi lasciò il posto a Vujadin Boškov, il quale era fautore di un gioco spettacolare che lasciava ampia libertà ai calciatori talentuosi; non a caso fece esordire in prima squadra anche un Totti appena sedicenne.[81]

La società entrò nel caos nella primavera del 1993: Ciarrapico fu arrestato per bancarotta e tradotto in carcere insieme a Mauro Leone, figlio dell'ex Presidente della Repubblica e dirigente del gruppo aziendale.[82] Ciarrapico dimostrò fino all'ultimo il proprio attaccamento alla squadra, lasciando la clinica romana dove era stato ricoverato l'8 marzo del 1993 per un malore (poche ore prima del suo arresto), per visitare i giocatori al termine della partita Roma-Milan, semifinale di Coppa Italia.
La rinascita ad opera di Franco Sensi

La bufera scatenatasi contro la Roma fu ingigantita anche dalla contestuale positività alla cocaina riscontrata all'attaccante Claudio Caniggia.[83] Ciò rese difficoltosa la successione della presidenza, che nel giro di un paio di mesi passò nelle mani degli imprenditori romani Franco Sensi e Pietro Mezzaroma.[84] A dispetto delle enormi difficoltà, la squadra raggiunse la finale di Coppa Italia da disputarsi contro il Torino, ma nella gara di andata, giocata in trasferta, la squadra perse per 3-0, compromettendo di fatto la vittoria finale. Ciononostante la squadra reagì con grande orgoglio e all'Olimpico sfiorò l'impresa, vincendo splendidamente per 5-2 con tre gol del capitano Giuseppe Giannini, tutti messi a segno su calcio di rigore.

Nel biennio successivo, Franco Sensi, divenuto l'unico proprietario della Roma, cercò di dare una decisa virata alla politica societaria.[85][86] Chiamò in panchina il trasteverino Carlo Mazzone e rafforzò in modo deciso la squadra, acquistando dall'Udinese il capocannoniere del precedente campionato, Abel Balbo. Mazzone come prima mossa inserì stabilmente in prima squadra il maggiore talento del vivaio di quegli anni, Francesco Totti, il quale, nonostante la giovane età, avrebbe reso la squadra più forte e imprevedibile. Nonostante le migliori premesse, la Roma non ottenne in questi anni piazzamenti prestigiosi, né alcuna vittoria nelle competizioni disputate. La crescente insofferenza dei tifosi sulla mediocrità dei risultati raggiunti spinsero il presidente a prendere la sofferta decisione di cambiare allenatore, sostituendolo con l'argentino Carlos Bianchi, già vittorioso della Coppa Intercontinentale col Vélez Sársfield. Ciononostante, la stagione successiva, condizionata anche da acquisti fallimentari, si rivelò disastrosa e vide l'esonero di Bianchi con un conseguente dodicesimo posto in classifica.
Fabio Capello

Dopo la brutta esperienza, Franco Sensi decise di rifondare la squadra affindandola al boemo Zdeněk Zeman, fautore di un gioco molto offensivo ma estremamente imprudente; questo fu il limite principale della Roma di quel periodo, che alternò vittorie spettacolari e ricche di gol a sconfitte imprevedibili e per questo brucianti. Per tali motivi Franco Sensi decise di chiamare in panchina un allenatore titolato e vincente come Fabio Capello.
L'arrivo di Capello

Il tecnico friulano arrivò a Roma nel 1999 con le idee chiare, l'esperienza necessaria e la capacità di trasmettere alla squadra voglia e convinzione nei propri mezzi. Gli acquisti di Vincenzo Montella e Hidetoshi Nakata rafforzarono una rosa già molto competitiva. Alla fine del campionato, però, la Roma si classificò solamente sesta.
Il nuovo millennio
Il terzo scudetto
17 giugno 2001: la Roma conquista il suo terzo scudetto

Soccer.Field Transparant.png
Antonioli
Samuel
Zebina
Zago
Cafu
Candela
Emerson
Tommasi
Totti
Batistuta
Montella
[?·info]
Formazione della Roma Campione d'Italia 2000/01, annunciata da Carlo Zampa, prima dell'incontro col Parma

Lo scudetto appena vinto dalla rivale cittadina, la Lazio, servì da stimolo per la società, che, sostenuta dall'iniezione di capitali derivata dall'ingresso in borsa, predispose una campagna acquisti di grande livello.[87] Ciò consentì alla Roma di Capello di imporsi durante l'arco dell'intera stagione successiva rimanendo sempre in testa alla classifica, grazie ai gol di Totti, Batistuta e Montella. Il pur combattuto campionato vide i giallorossi trionfare solamente all'ultima giornata, con una vittoria sul Parma per 3-1. La Roma vinse così il terzo scudetto della sua storia, e migliaia di persone si riversarono per le strade della capitale nei giorni seguenti, così come a seguito della conquista della Supercoppa Italiana, avvenuta nell'estate successiva.[88]
Le occasioni sfumate

Nella stagione seguente la Roma confermò tendenzialmente la propria rosa, eccezion fatta per l'acquisto del talentuoso Antonio Cassano di fatto concluso già nel mese di marzo.[89] I risultati forniti furono inizialmente altalenanti: in Champions League la squadra fallì la qualificazione ai quarti di finale,[90] mentre in campionato la Roma arrivò comunque a giocarsi lo scudetto sino all'ultima giornata: l'imprevista sconfitta della capolista Inter all'Olimpico contro la Lazio favorì però la vittoria finale della Juventus, che precedeva in classifica i giallorossi di un solo punto.[91]

Nei due successivi anni della gestione Capello, la squadra raggiunse un ottavo ed un secondo posto: nella stagione 2003/04 divenne campione d'inverno, ma alla distanza si classificò alle spalle del Milan.[92] Le prestazioni in Europa di quel biennio non furono degne di nota: in Champions League la squadra non superò il secondo raggruppamento, in Coppa UEFA gli ottavi di finale.
Dalla crisi alla nuova rinascita
Luciano Spalletti, alla Roma dal 2005 al 2009

L'addio burrascoso di Fabio Capello, insieme ad alcune dolorose cessioni, suggellarono la fine del ciclo della Roma scudettata.[93][14][94] La squadra ebbe così una stagione decisamente tormentata, con ben quattro allenatori che si avvicendarono nella conduzione tecnica. In tale contesto la Roma, che uscì malamente dalla Champions League, si salvò dalla retrocessione solo nelle ultime giornate di campionato.[95][96]

Questi anni videro l'ascesa all'interno della direzione societaria di Rosella Sensi, la quale sostituì de facto alla presidenza il padre Franco, gravemente malato, che si spegnerà nell'agosto del 2008.[97][98] Rosella Sensi si trovò costretta ad attuare una politica estremamente austera, basata sull'autofinanziamento, mirata a garantire, nell'immediato futuro, il mantenimento di un adeguato livello tecnico della squadra.[99]

Nella stagione 2005/06 la Roma si presentò notevolmente rinnovata, e venne ingaggiato l'emergente allenatore Luciano Spalletti, il quale, dopo un avvio stentato, riuscì a compattare la squadra, che giunse addirittura a vincere ben 11 partite consecutive e a ottenere, a seguito delle sentenze di Calciopoli, persino il secondo posto in campionato.[100][101][102]
Il capitano della Roma Francesco Totti alza la Coppa Italia 2008
La nuova dimensione europea e i successi in Italia

Nelle successive due stagioni, la Roma acquisisce una stabile competitività a livello europeo raggiungendo due volte i quarti di finale di Champions League. Inoltre la squadra giallorossa si aggiudica due Coppe Italia consecutive (2006/07 e 2007/08) ed una Supercoppa italiana nel 2007; mentre le edizioni del 2006 e 2008 vengono perse, rispettivamente, nei tempi supplementari (4-3) e ai calci di rigore (8-7). In campionato, la Roma ottiene due secondi posti consecutivi: in particolare, nella stagione stagione 2007/08, i giallorossi disputano un eccellente girone di ritorno, tanto da ridurre ad un punto il distacco maturato dall'Inter. L'ultima giornata del campionato consegna però lo scudetto all'Inter, mentre la Roma, che per 45 minuti era stata virtualmente campione d'Italia, pareggia 1-1 a Catania, consentendo alla squadra siciliana di rimanere in Serie A.
Da Spalletti a Ranieri

Nella stagione 2008/09 la Roma non riesce a ripetere le ottime stagioni precedenti, e conclude il campionato con un deludente sesto posto, mentre in Champions League la squadra si arrende ai rigori nell'ottavo di finale contro L'Arsenal. Spalletti si dimette all'inizio della stagione successiva, venendo sostituito dal romano Claudio Ranieri.
Simboli della A.S. Roma
Lo stemma
Anzalone presenta il nuovo logo della società ideato da Gratton nel 1978
Lo stemma in una delle prime versioni
Il lupetto

L'attuale logo della Roma è il restyling del primo stemma, quello che la società adottò dalla sua fondazione fino alla fine degli anni settanta. Infatti nel 1978, l'ultimo anno di Anzalone alla presidenza della squadra, durante un'amichevole internazionale la Roma si trovò a giocare in trasferta negli Stati Uniti, contro i New York Cosmos. I dirigenti giallorossi notarono che in America lo sport viaggiava su alti livelli, trainato dal merchandising, la vendita dei prodotti legati alla squadra[103]. Prima di allora lo stemma non era un marchio registrato e le magliette non erano messe in vendita nei negozi specializzati; si decise, così, di creare un ufficio per la pubblicità, diretto dal famoso grafico Piero Gratton, che realizzò il nuovo logotipo per la società giallorossa, da cui partire per poter creare una serie di prodotti per la vendita legati ad esso.[104] La lupa capitolina non poteva essere registrata come marchio, così venne creato il celebre lupetto nero stilizzato con l'occhio rosso, che spesso compariva incorniciato da due cerchi concentrici giallo-rossi. Lo stemma, poco gradito dal presidente Viola, poiché legato alla precedente gestione societaria, ha accompagnato le maglie giallorosse fino alla stagione 1997/98.

Il 20 luglio 1997, grazie ad un accordo con il Comune di Roma, venne concesso un permesso speciale alla società capitolina per poter utilizzare il simbolo della lupa e riproporre, così, una nuova versione dello stemma, ispirato a quello originale che aveva caratterizzato la società dagli albori fino agli anni settanta.[62]

Per la stagione 2009-2010, la società ha deciso di rispolverare il lupetto nero, riproponendolo al posto dello stemma ufficiale sulla terza divisa da gara nera, sulle tute e le maglie da allenamento.
L'inno

L'inno ufficiale della A.S. Roma è Roma (non si discute si ama),[105][106] meglio noto con il nome di Roma Roma Roma, di Antonello Venditti. Viene diffuso dagli altoparlanti dello stadio prima di ogni partita, mentre la squadra entra in campo; la prima volta fu in occasione della partita Roma-Fiorentina del 1974. Grazie Roma è un altro inno, composto dallo stesso cantante nel 1983, in occasione della vittoria del secondo scudetto giallorosso; a differenza della prima canzone, questa viene diffusa solamente dopo la fine delle partite giocate in casa, nel caso di vittoria della Roma. Il cantautore romano ha inoltre composto, in occasione della conquista del terzo scudetto della Roma nel campionato 2000-01, la canzone Che c'è dedicata proprio a tale evento.

Molti altri cantanti, tifosi d'eccellenza della Roma, hanno dedicato una o più canzoni alla squadra. Tra questi ricordiamo Lando Fiorini, Brusco, Marco Conidi e Riccardo Angelini, meglio conosciuto come Er Galopeira.
 
Top
0 replies since 9/3/2010, 23:06   6 views
  Share